Incontro internazionale di speleologia

29 ottobre – 1 novembre 2021

Marina di Camerota (Salerno – Italia)

Nei dintorni di Kamaraton

Il territorio di Camerota ricade nel territorio del Cilento questo è inserito nella rete delle Riserve della biosfera del Mab-UNESCO (dove Mab sta per "Man and biosphere"): su tutto il pianeta (in oltre 80 stati) si contano circa 350 di queste particolari aree protette, che servono per tutelare le biodiversità e promuovere lo sviluppo compatibile con la natura e la cultura. Nel 1998 il Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano ed Alburni di cui Camerota fà parte è stato inserito insieme ai siti archeologici di Paestum, Velia e il Vallo di Diano, nella lista di patrimonio mondiale dell'umanità.


Area marina protetta Costa degli Infreschi e della Masseta (0 km)

Situata nel tratto di mare prospiciente la costa della provincia di Salerno compresa tra Punta dello Zancale, nel territorio comunale di Camerota, e Punta Spinosa, nel Comune di San Giovanni a Piro. Occupa una superficie di mare di 2.332 ettari e si estende in corrispondenza di un tratto di costa lungo poco meno di 14 chilometri. L’AMP è incardinata nel Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, che provvede, tramite l’omonimo Ente parco, anche alla sua gestione.La costa offre uno spettacolare paesaggio di particolare pregio sotto il profilo naturalistico caratterizzato da un grado di eterogeneità ambientale unico, tanto da essere inserita in un Sito di Interesse Comunitario sottoposto a protezione speciale. In pochi chilometri di litorale molto frastagliato si concentrano insenature, spiaggette, rade, sorgenti d’acqua sottomarine, il tutto incorniciato da macchia mediterranea, uliveti, vigneti e preziose specie endemiche. L’area abbonda di grotte di origine carsica, sia sommerse che sopra il livello del mare, che furono abitate dall’uomo preistorico, come testimoniano alcuni ritrovamenti di antichissimi resti umani. I luoghi di rara bellezza paesaggistica e di interesse naturalistico si susseguono a breve distanza l’uno dall’altro: Cala bianca, la piscina degli Iscolelli, la sorgente di Santa Caterina, le spiaggette della Masseta; tutte località che possono essere raggiunte via mare grazie ad un servizio di navigazione costiero messo a disposizione dei visitatori. L’area è da sempre nota per le bellezze paesaggistiche, ma poco conosciuta dal punto di vista scientifico; negli ultimi anni, tuttavia, ha destato grande interesse tra i biologi marini per alcune caratteristiche ambientali uniche, tanto da essere inserita tra le aree di reperimento dalla Legge quadro sulle aree protette n.394/91. La tutela e la valorizzazione di questo patrimonio naturale ha portato successivamente all’istituzione, nel 2009, dell’area marina protetta.


Grotta della Cala (0 km)

Grotta della Cala si apre a pochi metri dal mare. La pianta della caverna ha una forma a clessidra ed è composta da un’antegrotta e da un retrogrotta, collegati da strozzatura. Le testimonianze archeologiche in quets agrotta indicano una frequentazione iniziale da parte di gruppi Neandertaliani nel Paleolitico medio, ed un più sistematico utilizzo della grotta da parte di uomini anatomicamente moderni (Homo sapiens) succedutisi nel tempo, fra 30 mila e 10 mila anni or sono, con una interruzione (come a Grotta della Serratura) fra 24 mila e 16 mila anni fa, in corrispondenza dell’ultimo periodo di massimo raffreddamento climatico. Gli strati più significativi di un particolare periodo culturale del Paleolitico Superiore, chiamato Gravettiano. Questi livelli sono caratterizzati da un’ampia varietà di strumenti in pietra, come grattatoi e punte a dorso, da abbondandi resti faunistici, conchiglie marine utilizzate come ornamenti, manufatti in osso e focolari. L’economia di caccia era basata sopratutto sullo sfruttamento del Cervo. Dagli strati più recenti provengono interessanti reperti: dal Maseolitico un ciottolo dipinto, dal Neolitico una sepoltura infantile e dalla successiva Età del Rame dei contenitori in ceramica e alcuni ami in osso, ingenmtiliti dalla forma a pesciolino dell’attacco a cui si fissa il filo della lenza.


Camerota (km 7)

Caratterizzato da un’impronta medioevale, il centro storico è ben delineato e sono ancora visibili numerosi edifici risalenti a quell’epoca. Nell’alto medioevo il territorio strategico di Camerota era una zona di confine fra il longobardo Principato di Salerno e l’imperiale thema di Calabria bizantino. La regione nell’alto medioevo, scarsamente popolata, ospitava eremiti italo-greci che occupavano le grotte come quella di San Biagio. Insediamenti rurali nascevano vicino alle badie italo-greche di San Cono(one) e di San Pietro a Licusati prima dell’inizio dell’XI secolo. Nella badia vicino a San Giovanni a Piro esisteva uno scriptorium già noto dal 1020, dove si trascrivevano codici in greco bizantino. Non ci sono indizi che il territorio di Camerota fosse integrato nella notevole espansione economica e demografica del principato longobardo. Non si sa nemmeno se i longobardi a Camerota avevano creato una fortificazione con una guarnigione. Però si sa che con l’avvento dei normanni il territorio cominciava ad essere popolato e capace di produrre ricchezza. Dopo la conquista di Salerno ad opera dei Normanni nel 1076, appare una famiglia signorile nel territorio, con consistente proprietà nel Cilento. Florio di Camerota era un funzionario reale molto in vista nel Regno di Sicilia durante la seconda meta del XII secolo. Essendo un territorio strategico, Camerota ha sofferto molto durante la guerra dei Vespri Siciliani alla fine del XIII secolo, che termina con la divisione del Regno fra la parte di Napoli e quella di Sicilia. Nel 1552 la cittadina è devastata e saccheggiata dai Turchi del raìs Dragut. Nel 1647 la città, cavalcando la sommossa di Masaniello, si solleva contro il proprio signore e nel 1828 aderisce ai moti cilentani soffocati dai Borboni. Conseguentemente vengono fatte edificare dal viceré di Napoli le Torri di vedetta, che sono tuttora visibili. Dal 1811 al 1860 è stato capoluogo dell’omonimo circondario appartenente al Distretto di Vallo del Regno delle Due Sicilie. Dal 1860 al 1927, durante il Regno d’Italia è stato capoluogo dell’omonimo mandamento appartenente al Circondario di Vallo della Lucania.


Arco Naturale (km 10)

L’Arco Naturale di Palinuro è una maestosa formazione rocciosa che emerge dalle acque circostanti. Si trova nei pressi di una zona chiamata spiaggia del Mingardo, poco fuori dal centro di Palinuro, comunemente chiamata spiaggia dell’Arco Naturale proprio per la presenza di questo massiccio naturale. l mare che bagna la spiaggia mista sabbia/ciottoli, dietro l’Arco è di un azzurro incantevole e fa venire voglia di tuffarsi.


Castello di San Severino (km 16)

Il borgo medievale di San Severino è abbarbicato su uno sperone roccioso a ridosso del fiume Mingardo e si affaccia su quella che è conosciuta come Gola del Diavolo. Oggi, oltre ai ruderi delle abitazioni e della chiesa della Madonna degli Angeli (e del suo campanile), rimangono quelli altrettanto affascinanti di un castello. A causa della mancanza di una cartografia storica dell’area e del prolungato periodo di abbandono e degrado in cui il luogo ha versato, è stato impossibile ricostruire con esattezza l’immagine originaria di più zone del borgo. Esso risale al X secolo sebbene alcune tracce di insediamenti pare si possano datare già al VII. Proprio al VII secolo risalirebbero, infatti, i ruderi di un’antica torre di avvistamento – ancora visibili – che sarebbe stata costruita da soldati mercenari bulgari e dal loro principe Aztek giunti per controllare la gola del Mingardo quale importante via di comunicazione con Palinuro e il Golfo di Policastro. Pare che il borgo abbia preso il nome dai Sanseverino, potente famiglia del Principato di Salerno al tempo dei Normanni, come pure durante la dominazione angioina e aragonese. Tra gli storici, però, c’è anche chi sostiene che avvenne esattamente il contrario: fu la famiglia a nominarsi così dal castello e dal Borgo Sanseverino. Quel che è certo è che il borgo fu di grandissima importanza strategica per i Longobardi prima e per i Normanni poi. Fu con questi ultimi e con gli Svevi che vennero ampliate le opere di fortificazione: Federico II stesso ordinò la costruzione della cinta muraria e della chiesa a strapiombo sulla Gola della Tragara detta anche Valle dell’Inferno. Con l’avvento degli Aragonesi, il borgo fu abbandonato avendo perso la sua importanza strategica e nel 1552 Carlo V esiliò la famiglia Sanseverino dal Regno di Napoli. Da quel momento per il feudo cilentano cominciò un periodo di decadimento e smembramento che vide alternarsi, nei secoli a venire, diversi proprietari. Nel 1624, poi, gran parte della popolazione morì di peste e fu in questa circostanza che la chiesa – di cui oggi rimangono i ruderi – fu consacrata alla Madonna degli Angeli in quanto protettrice contro il morbo. Nel 1746 il vescovo di Vallo della Lucania esortava a realizzare lavori di ristrutturazione dell’edificio sacro, ma nulla fu possibile a causa delle condizioni di miseria che affliggevano il borgo. Il vero spopolamento di San Severino cominciò nel 1888 quando – in seguito alla costruzione della linea ferroviaria – gli abitanti cominciarono a spostarsi a valle. Nonostante ciò, alcune case rimasero abitate fino al 1977.


Velia (35 km)

Gli scavi di Velia per i romani o Elea per i greci rappresentano uno dei gioielli del Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano. I resti di questa antica città si trovano nel territorio di Ascea Marina, importante località balneare situata tra Agropoli e Palinuro. La felice posizione geografica di Velia (Elea), situata al centro delle antiche rotte commerciali tra Grecia ed Etruria la rese molto ricca e potente.


Paestum (80 km)

Fondata dai greci intorno al 600 a.E.V., si chiamava inizialmente Poseidonia, da Poseidone, o Nettuno, dio del mare, al quale la città era stata dedicata. Tra il 400 e il 273 avanti fu occupata dalla popolazione italica dei lucani. Nel 273 divenne colonia romana col nome di Paestum. Ma è indubbio che la fondazione della città fosse preceduta dall’impianto di una fattoria commerciale sulla sponda sinistra e presso la foce del fiume Silaros e che le condizioni malariche del terreno indussero poi i primitivi coloni a spostare il centro abitato verso oriente, su un banco calcareo leggermente rialzato sulla pianura e sul litorale, lungo il corso di un’altro fiume minore (fiume Salso o Capofiume). Dall’impianto primitivo sul Silaros sviluppò il porto marittimo e fluviale della città e presso di esso sorse il Tempio di Era Argiva, che diventò presto uno dei più grandi e venerati santuari dell’Italia antica: circa 50 stadi separavano la città dallo Heraion e dal suo emporio sul fiume.La fine dell’Impero Romano coincise grosso modo con la fine della città. Verso il 500 E.V., infatti, in seguito ad un’epidemia di malaria, aggravata dall’insalubrità del territorio, gli abitanti gradualmente abbandonarono la città. La riscoperta di Paestum risale al 1762, quando fu costruita la strada moderna che l’attraversa tuttora.


Grotte di Pertosa – Auletta (99 km)

Le Grotte di Pertosa-Auletta sono uno dei geositi focali del Geoparco “Cilento” e presentano due unicità: sono le uniche grotte in Italia dove è possibile navigare un fiume sotterraneo, il Negro; ma sono anche le sole in Europa a conservare i resti di un villaggio palafitticolo risalente al II millennio a.C.
La visita alle grotte turisticamente attrezzate (percorsi segnati e comodi) ed illuminate da un impianto di ultima generazione, si trasforma in una piacevole avventura. Il fiume offre un affascinante ed inconsueto viaggio in barca, immersi in un silenzio magico, interrotto soltanto dal fragore degli scrosci della cascata sotterranea.


Grotte di Castelcivita (107 km)

Le Grotte di Castelcivita costituiscono, con un totale di circa 4800 m di lunghezza, uno dei complessi speleologici più estesi dell’Italia meridionale. Il sistema di cavità sotterranee, si apre a 94 m di altitudine, tra le rive del fiume Calore ed il versante sud-occidentale dei monti Alburni, mostrando da subito un suggestivo scenario di gallerie, ampi spazi e strettoie scavati dall’azione millenaria dell’erosione carsica.

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